La Società Agricola Zucchera di Silvestri Francesco & C. è immersa nel panorama dei calanchi di Ripaberarda di Castignano nella provincia di Ascoli Piceno. Nasce nel 2010 sulle orme di una realtà contadina più che centenaria (si ricordano gli antenati: Francesco 1800, Filippo 1860-1936, Domenico 1890-1944, Francesco 1915-2007, Filippo 1950…).
La famiglia Silvestri, nel 1800 fino agli anni 20 del secolo scorso, oltre alla coltivazione dei campi, gestiva un oleificio a Poggio di Bretta (AP) formato da una macina di travertino monoruota, per il cui movimento si alternavano un cavallo ed un asino rispettivamente bendati onde evitare capogiri. La pasta veniva messa su dei fiscoli a sacco che, posti su una pressa di legno, venivano pressati a mano con l’ausilio di leve e cugni. Il mosto, una volta estratto, veniva posto su vasche in muratura e fatto riposare; l’olio si separava per affiorazione (differenza di peso specifico), veniva poi raccolto da mano esperta con un apposito piatto e si conservava su delle vasche di travertino (pile).
La famiglia, sempre dal 1800 fin agli anni 30 del secolo scorso, possedeva due coppie di buoi con i quali, oltre al lavoro dei campi, effettuava trasporti di materiali per conto terzi. Negli anni 30 suddetti, con l’arrivo dei bovini di razza “marchigiana” (ottenuta da un incrocio della “piemontese”, “romagnola” e “chianina”, quest’ultima particolarmente muscoluta e resistente) si optò per l’allevamento di tale razza autoctona che, contemporaneamente al lavoro dei campi, metteva alla luce anche dei vitelli e quindi produceva carne.
Nel 1977, Francesco, acquistò il primo trattore, tutt’ora presente in azienda ed ora il parco macchine è stato arricchito con tutto ciò che il mercato propone e che le lavorazioni in campo richiedono.
La famiglia Silvestri, nel 1800 fino agli anni 20 del secolo scorso, oltre alla coltivazione dei campi, gestiva un oleificio a Poggio di Bretta (AP) formato da una macina di travertino monoruota, per il cui movimento si alternavano un cavallo ed un asino rispettivamente bendati onde evitare capogiri. La pasta veniva messa su dei fiscoli a sacco che, posti su una pressa di legno, venivano pressati a mano con l’ausilio di leve e cugni. Il mosto, una volta estratto, veniva posto su vasche in muratura e fatto riposare; l’olio si separava per affiorazione (differenza di peso specifico), veniva poi raccolto da mano esperta con un apposito piatto e si conservava su delle vasche di travertino (pile).
La famiglia, sempre dal 1800 fin agli anni 30 del secolo scorso, possedeva due coppie di buoi con i quali, oltre al lavoro dei campi, effettuava trasporti di materiali per conto terzi. Negli anni 30 suddetti, con l’arrivo dei bovini di razza “marchigiana” (ottenuta da un incrocio della “piemontese”, “romagnola” e “chianina”, quest’ultima particolarmente muscoluta e resistente) si optò per l’allevamento di tale razza autoctona che, contemporaneamente al lavoro dei campi, metteva alla luce anche dei vitelli e quindi produceva carne.
Nel 1977, Francesco, acquistò il primo trattore, tutt’ora presente in azienda ed ora il parco macchine è stato arricchito con tutto ciò che il mercato propone e che le lavorazioni in campo richiedono.